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lunedì 30 luglio 2012

DANZA UNGHERESE


Danza ungherese numero 6, Brahms.
Lampada di sale, rossa, rosa.
Stasera sarebbe perfetta per te, morte.
Non c'è niente in sospeso o forse tutto.
Vedo oltre, finalmente.
Vedo oltre e mi accorgo che la comica situazione in cui ci troviamo è frutto di un'insana passione di plastica.
Esseri umani sofisticati, troppo umani.
Piaceri che come neve non fanno in tempo ad imbiancare una città che già si sciolgono sotto il grave della nostra inquietudine.
Io ti amo, sì.
Me ne sono accorto troppo tardi, forse.
Forse non ho mai conosciuto l'amore, prima di ora.
Mi sento citato dai Bluvertigo, come loro fuori dal tempo e come l'oro prezioso.
Egocentrico, anacronistico ma innamorato.
Brahms sta godendo in questo momento, mi immagino il suo sguardo cupo, aspro e tagliente che dialoga con l'aria.
Parla musica,
[ ho avuto una crisi mistica, ho pianto ]
La vita non è altro che un sogno lucido.

domenica 15 maggio 2011

La morte non-è-altro che un'altra avventura

Ad un mio amico.






Un parco, bello verde.
Il nonno passeggia con il nipote, il nipote con il nonno ed entrambi con nessuno.
Si tengono per mano, se le stringono forti come tenaglie un bullone.
Tenersi per la mano in effetti apre sempre qualcosa, verso un altro mondo.


"Cos'altro vuoi sapere, piccolo? Credo che per oggi abbiamo parlato abbastanza...non ti accontenti mai, eh?"
"Nonno, io voglio sapere tutto. Tutto tutto"
"Non fare l'adulto, adesso. Tu che sei piccolo dovresti saperlo bene, nemmeno gli stupidi sanno tutto, tutto tutto."


Il nonno gesticola parcamente, sembra sospirare ma evita di gettare malinconia nella conversazione.


"Sai, piccolo, il segreto per sapere tutto è non sapere niente."
"Ma che dici, nonno?? Se non so niente come posso sapere tutto? "
"Puoi, puoi benissimo. Immagina di cercare il tuo pupazzo, sì, questo qui, in una scatola piena di tutto.
Lo troveresti? "
"Ma come fa una scatola ad essere piena di tutto? sarebbe grande come il mondo! "
"Non come il mondo, di più. Dai, rispondi alla mia domanda: troveresti ciò che cerchi, in una scatola piena di tutto?"


Il nipote, imbarazzato, si osserva le dita.
Accenna un conto ma ci rinuncia quasi subito, scuotendo la testa.
Quindi ammette:


"No, nonno.
Non lo troverei e, anche se lo facessi, ci metterei tanto, tanto tempo!"
"Esatto, è inutile sapere tutto.
Bene, piccolo, adesso svuota la scatola. Quanto spazio vedi dentro?"


Passa un cane, seguito dal padrone.
Il bambino non può fare a meno di notare la buffa panciona rigonfia dell'uomo, gli sembra un palloncino con attaccate due gambine corte corte.
Si chiede come faccia quell'uomo a fare pipì e, intanto, fantastica sulla sua panciona.
Quanto spazio ci sarà dentro, si interroga.


"Nonno, nonno se svuoto la scatola piena di tutto resta tantissimo spazio!! Credo che potremo entrarci io, te, la nonna, la mamma e pure il babbo, con la sua pancia."
"Dai, non fare l'egoista...mettici anche tuo fratello e Bill, il cagnolino.
Credo ci sia spazio per tutti, non credi?"
"Si nonno."


Arrivano ad un bivio.
Ghiaino sotto i loro piedi e verde smeraldo intorno a loro.
Sembra Hyde Park o, forse, è Hyde Park che sembra questo parco della mia fantasia.
Si siedono su una panchina, sorridenti.


"Che fatica, piccolo. Diventa sempre più faticoso camminare alla mia età."
"Perchè nonno?"
"Perchè sono passati tanti anni da quando ho imparato a camminare, ormai mi sto dimenticando come si fa quindi le mie gambe si offendono e si rifiutano di portarmi."
"Dovresti parlarci con le tue gambe nonno, io parlo sempre con le mie mani.
Vedessi che buffe sono quando la loro ombra sul muro diventa un coniglio.
Non smetteresti più di ridere!"


Il bambino ride, il nonno sorride.


"Vedo che hai capito, piccolo. Ma adesso ascoltami, ripensa alla scatola vuota.
Che succede, rifletti con attenzione , se togli anche la scatola stessa? Cosa ti rimane?"
"Ma come, nonno? Come faccio a saperlo se non so dove è la scatola??"
"Come mai ti interessa sapere dov'è?"
"Nonno dai smettila! Se non so dov'è come faccio a sapere cosa mi rimane?"
"Facile, la scatola conteneva tutto, poi l'hai svuotata e adesso l'hai dimenticata..."


Il bambino è confuso, si guarda i piedi che penzolano altalenantemente dalla panchina, cerca di riflettere ma non ce la fa.
Ripensa un attimo alla panciona del signore con il cane e risponde, così:


"Se...se l'ho svuotata dal tutto tutto ed ho tolto la scatola dove è andato il tutto tutto?
Come è possibile, nonno, fare finta che non esista il tutto tutto?
Come è possibile dimenticarlo?"


Il nonno sorride.
Uno di quei sorrisi da nonno che farebbero intenerire anche un diamante.


"Hai capito piccolo, finalmente.
Il vuoto è il tutto, senza di esso non potrebbe costruirsi nulla.
Resta così, non cambiare mai per carità.
Voi bambini avete fantasia, immaginazione...potete creare tutto dal niente e non avete la presunzione di farlo tutto in una volta.
Siete polvere di fata, per voi non esiste la sfortuna."


Il bambino annuisce, il suo sguardo fa intendere che ha capito.
Ha capito tutto.
















Juri Bonomi

mercoledì 26 gennaio 2011

Maledetto letto.

" Avete mai provato la bestiale e stupefacente soddisfazione di guardarvi in uno specchio dopo innumerevoli notti bianche? Avete mai subìto la tortura dell'insonnia, quando si avverte ogni istante della notte, quando esistete solo voi al mondo, e il vostro dramma diventa il più importante della storia, di una storia ormai svuotata di senso, e che neppure più esiste, giacché sentite levarsi in voi le fiamme più spaventose, e la vostra esistenza vi appare come unica e sola in un mondo nato soltanto per portare a termine la vostra agonia – avete conosciuto questi innumerevoli momenti, infiniti come la sofferenza, per vedere poi riflessa, quando vi guardate, l'immagine del grottesco? "  (E.Cioran)


Sì, sono insonne anch'io.



La terza guerra mondiale, quella delle parole.

Scrivere per nessuno, ecco qualcosa che non mi riesce.
Dovremmo sempre avere per la mente un destinatario che sia diverso da noi stessi quando scriviamo qualcosa, sempre.
Io dico: le parole.
Esperienze di vita mi hanno insegnato la labile ambiguità, satura oltretutto di folle egoismo, dell'universo delle parole, scritte od orali.
Reputo peggiori le seconde, in quanto, se espresse sovrappensiero, sono sintomo irrevocabile di un attaccamento verso ciò che di per sè ( e di per me ) non è.
Mi spiego.
Noto molto spesso, forse nella maggior parte dei casi, situazioni in cui i dialoganti fanno a gara per arrivare sul podio del luogo comune.
Interpreto ciò come una paralisi dell'intelletto nonchè come una grossa e nemmen tanto sottile offesa ad esso.
Và bene, uomini, avete conquistato ( se ne vedranno dopo i perché ) il dono della parola ma come mai la proferite a vuoto?
Quale è il senso, mi chiedo, della domanda "come và?" rivolta verso uno sconosciuto, che magari vi da anche la nausea?
A cosa serve, altra personale arroganza, parlare durante un'interrogazione scolastica?
Quale è, realmente, il senso?
Siamo davvero interessati a quello che stiamo dicendo?
Queste ed altre arrovellanti domande arrovellano spesso il mio gulliver ed influenzano le mie relazioni.
 Sono arrivato al punto, sperando forse di poter poi riuscire a tornare indietro, di preferire il silenzio alle sterili conversazioni di noi piccoli animali malati.
Scritto ciò, continuerò poi.

Salut, 

Juro.